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BANCA POPOLARE DI BARI: RISPOSTE PER I 69 MILA SOCI

L’assemblea del 24 aprile, come noto, ha approvato il bilancio 2015 con una perdita di 296,7 milioni di euro ed ha fissato un nuovo prezzo per azione, ad € 7,5, in calo del 21% rispetto al prezzo precedente di € 9,53. Tanti soci stanno contattando le nostre 22 sedi pugliesi per chiedere due cose: 1) se la banca è solida; 2) cosa fare per la perdita di valore subìta, nonché per la difficoltà nello smobilizzo delle azioni possedute. Rispondo per punti.

1) Dall’analisi del bilancio, i numeri dicono che la banca è solida. I coefficienti patrimoniali sono ben superiori rispetto ai minimi fissati dalla BCE: il valore del Tier1 si è attestato al 10,14% a fronte di un requisito minimo del 8,5%, e il valore del Total Capital Ratio è del 13,66%, a fronte di un requisito minimo del 10,5%. La perdita è dovuta essenzialmente a 4 voci: oneri non ripetibili quali i contributi straordinari per il salvataggio delle 4 banche in risoluzione per 15,6 milioni di euro (Etruria & C.), i costi per gli esodi incentivati di personale per 49,7 milioni di Euro. Le rettifiche su crediti deteriorati e altre attività finanziarie sono state di € 251,8 milioni di euro (buona parte erano “in pancia” a Tercas), con conseguente aumento del presidio del credito, ossia delle coperture. Inoltre, sono state eseguite rettifiche di valore degli avviamenti: una svalutazione non ripetibile di 271,3 milioni di euro (secondo criteri prudenziali richiesti dalla BCE e di cui € 80 milioni per svalutazione della partecipazione in CaRiOrvieto). Peraltro, la scelta di avvalersi della Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze e la conseguente dismissione di 800 milioni di crediti bancari deteriorati, tramite cartolarizzazione, dovrebbe migliorare il bilancio 2016.

2) Il deprezzamento delle azioni è conseguente ad una perdita dolorosa ma fisiologica, a differenza del sostanziale azzeramento del valore delle azioni delle banche venete e delle 4 banche risolte. Mentre per le banche venete le ispezioni di BCE, Consob e Banca d’Italia hanno rilevato e messo nero su bianco tante criticità, sia nei conti che nelle modalità di condotta nel collocamento delle proprie azioni, ad oggi non esistono analoghi documenti su BPB (salvo una sanzione di € 55.000 comminata da Consob, che però parla di “marginalità” della condotta).

Questo significa che un’eventuale azione giudiziale, finalizzata alla restituzione dei soldi investiti, potrebbe seriamente fondarsi solo laddove, in sede di contratto di vendita, la banca abbia violato uno dei vari obblighi posti a suo carico dalla legge, a pena di nullità o di risoluzione del contratto di compravendita, con conseguente obbligo per la banca di restituzione delle somme investite. A mero titolo di esempio, se la banca ha omesso di far firmare il contratto quadro di negoziazione, amministrazione e deposito titoli; se la banca ha collocato azioni che richiedevano un profilo di rischio medio-alto a soggetti che in realtà non lo avevano; se la banca ha omesso di dichiarare formalmente che la vendita è avvenuta in conflitto di interessi; se l’operazione era inadeguata e la banca non lo ha chiarito o non lo ha motivato; se la banca ha venduto le azioni in concomitanza con l’erogazione di un mutuo o altro affidamento, ecc.. Laddove si verifichi la sussistenza di una di queste situazioni (o altre ancora, sempre previste dalla normativa), allora sarà possibile agire, o giudizialmente, oppure usando il nuovo arbitrato previsto dal Decreto Legislativo n.130 del 2015.

Per chi eventualmente volesse vendere le azioni, dovrà presentare domanda scritta (purtroppo al nuovo prezzo ribassato di euro 7,50), e seguire l’ordine cronologico, perché trattandosi di titoli illiquidi (ossia non quotati sui mercati), potranno essere venduti solo nel momento in cui ci saranno domande di acquisto. La speranza è che in sede di trasformazione in S.p.A., si facciano avanti investitori istituzionali che acquistino pacchetti di rilievo e così consentano la vendita agli azionisti in attesa, come ha già fatto la Compagnia assicurativa Aviva. Nell’ultima asta del 13 maggio scorso, ci sono stati 94 contratti di compravendita, con 83.549 azioni scambiate, al prezzo di euro 7,50 ciascuna. Ovviamente continueremo a studiare e monitorare la vicenda.

avv. Antonio Pinto

Presidente Confconsumatori Puglia

confconsumatoripuglia@yahoo.it

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SAN SEVERO 4 MAGGIO 2016 - CONFERENZA STAMPA VENETO BANCA
Veneto Banca e Bancapulia: come difendersi

Veneto Banca e Bancapulia: come difendersi

Il 5 maggio Veneto Banca approverà un bilancio dai contenuti finanziari durissimi che rischia di abbattere ancor di più il valore delle azioni, già calato dell’81%, da 39,50 a 7,30 euro. Ben 88.000 azionisti, fra cui alcune migliaia di pugliesi clienti di Bancapulia (controllata da VB), da domani vedranno formalizzarsi un deprezzamento enorme del valore di acquisto dei loro titoli.

LE PROVE DELLE IRREGOLARITÀ - Confconsumatori nel corso della conferenza stampa tenuta a San Severo, sede legale della controllata Bancapulia, ha illustrato una via per recuperare l’investimento perduto, chiedendo al Tribunale di accertare l’invalidità dei contratti di acquisto, con conseguente obbligo per la banca di restituire quanto incassato. Tanto, per varie ragioni. L’avvocato Antonio Pinto, Presidente di Confconsumatori Puglia e componente del direttivo nazionale, ritiene che: «I risultati delle ispezioni condotte dalla BCE, da Banca d’Italia e dalla Consob, tutte conclusesi con censure e multe a carico di Veneto Banca, comprovano che sono state commesse varie irregolarità, sia nella vendita delle azioni, sia nella rappresentazione pubblica della solidità finanziaria della banca, attraverso bilanci che sino al 2014, secondo la Procura di Roma e Bankitalia, molto probabilmente non erano veritieri». IL BILANCIO VB 2015 - «Inoltre, - continua Pinto - dallo studio del bilancio al 31 dicembre 2015 si evincono una serie di dati oggettivi che confermano la tesi della Procura su come i bilanci degli anni precedenti non fossero veritieri. Ad esempio, Veneto Banca ha chiuso il 2015 con una perdita di 882 milioni di euro (dopo aver chiuso in rosso di 968 milioni il 2014). Sul risultato pesano, fra l'altro, l'azzeramento degli avviamenti (418 milioni di euro) e rettifiche, in peggio ovviamente, sui crediti per 754 milioni. Rettifiche sulle immobilizzazioni materiali e immateriali per 70 milioni, dopo i 40 milioni del 2014 (ad es. hanno svalutato il valore di alcuni immobili per 27 milioni). Il complesso dei crediti deteriorati ammonta a 4,9 miliardi di euro. Le sofferenze sono 1,6 miliardi di euro. Veneto banca ha scomputato dal capitale, a titolo prudenziale, 297 milioni di euro riconducibili a possibili operazioni in cui la banca ha assistito finanziariamente il cliente nell’acquisto di azioni della banca stessa. A pag. 88 si legge che i crediti di dubbia esigibilità sono un totale di 7.555.000.000 di euro, mentre nel bilancio 2014 erano 6.068.000.000: quindi vi è stato un aumento di circa un miliardo e mezzo che, ovviamente, non è frutto del 2015 ma di una rettifica di valori non considerati in precedenza».

CHI POTRÀ ANNULLARE L’ACQUISTO - L’avvocato Rosa Caposiena, legale di Confconsumatori, sottolinea che: «L’invalidità dei contratti si può richiedere anche per le illegittime modalità di collocamento, ad esempio in vari casi, le azioni sono state vendute insieme a mutui e fidi e ciò viola il principio che una banca non può finanziare l’acquisto di azioni proprie, come anche la Banca d’Italia ha sancito. In altri casi, sono state vendute azioni che, essendo titoli illiquidi, per giurisprudenza consolidata richiedono un profilo di rischio medio-alto, a clienti che, in realtà, non avevano sostanzialmente tale profilo, anche se (formalmente) sono stati indotti a firmare dichiarazioni di propensione al rischio alto. Si potrà inoltre chiedere al Tribunale di accertare l’invalidità dei contratti stipulati, anche per una serie di gravi violazioni di legge del Testo Unico Bancario e del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria. In particolare, occorre chiedere la nullità del contratto di acquisto per violazione di norme imperative, come ad es. false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c., ovvero per pratiche commerciali scorrette e abuso di posizione dominante. Ancora, sarà possibile chiedere al Tribunale civile di accertare e verificare che, con dolo, la banca ha indotto in errore i clienti su elementi essenziali del contratto, che quindi è annullabile».  In ogni caso, su una vicenda complessa come questa, sarà indispensabile esaminare ogni caso singolarmente, perché possono esserci differenze importanti da valorizzare davanti al Tribunale (si pensi ad es. a chi ha sottoscritto tutti i documenti richiesti per legge e chi invece no, o a chi ha comprato in concomitanza di un prestito erogato dalla banca).

LA PROPOSTA DI CONCILIAZIONE PARITETICA - Con comunicato dell’8.4.2016, Veneto Banca ha dichiarato, in maniera generica e fumosa, che: “si verificherà se sia possibile trovare un’intesa con le Associazioni aderenti circa il perimetro dei soggetti ammessi alla procedura e contenuti, modalità e criteri del Protocollo d’intesa, volto a regolare la procedura”.  “Con tale comunicato – commenta Mara Colla, presidente di Confconsumatori - la banca tenta di spacciare come una concessione, quello che è un semplice obbligo di legge. Infatti, è previsto per legge che un risparmiatore non possa iniziare una causa nei confronti di una banca, se prima non esperisce un tentativo obbligatorio di conciliazione. Pertanto, è ovvio e doveroso per la banca esperire la mediazione, non è una concessione. Inoltre, appare meglio per gli azionisti fare questo tentativo di conciliazione davanti ad un organismo terzo e indipendente, come ad es. la Camera di commercio o il Consiglio dell’Ordine, piuttosto che a casa della banca e su regole dettate dalla banca”.

70127 BARI– Via Savona n. 85

(080 5217088 – Fax 080 5217088

*e-mail: confconsumatoripuglia@yahoo.it

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BANCAPULIA - VENETO BANCA: AL VIA IL RIMBORSO PER GLI AZIONISTI DANNEGGIATI
Conferenza stampa, aperta anche agli azionisti

In attesa dell’assemblea dei soci di Veneto Banca del prossimo 5 maggio, la Confconsumatori ha organizzato una Conferenza stampa, aperta anche agli azionisti che vogliano partecipare, per il giorno 04 maggio, alle ore 18,30 in San Severo, presso “Caffè tra le righe” via De Cesare 13.

Durante l’incontro saranno presentate le azioni che Confconsumatori ha avviato per recuperare gli investimenti persi dai tanti che hanno comprato le azioni Veneto Banca, titoli che hanno già subito una vertiginosa svalutazione (oltre -80%). Dopo aver studiato il progetto di bilancio 2015, già depositato da Veneto Banca, si evince come gli azionisti hanno vari e fondati motivi per proporre causa civile alla banca venditrice.

Saranno presenti: il presidente di Confconsumatori Puglia avv. Antonio Pinto, l’avv. Rosa Caposiena legale di Confconsumatori.

«Nel corso dell’incontro – spiegano gli organizzatori – sarà descritto il contenuto del bilancio al 31.12.2015, che la banca approverà il 5 maggio, e sarà altresì descritto il contenuto delle cause civili che saranno avviate nei confronti della banca che ha venduto i titoli, per consentire agli azionisti di recuperare il loro investimento».

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PERCHE’ VOTARE SI AL REFERENDUM DEL 17 APRILE
5 motivi per eliminare “il regalo” fatto alle Compagnie petrolifere.

Con il referendum si chiede se vogliamo l’abrogazione di una norma che, oggi, consente alle Compagnie petrolifere di continuare l’attività di estrazione del petrolio, anche dopo che la concessione sia scaduta, sino all’esaurimento del giacimento petrolifero.  

La norma riguarda le 92 piattaforme marine che oggi sono entro le 12 miglia dalla costa, ossia circa 20 chilometri. Di queste 48, sono le piattaforme eroganti petrolio o metano, di cui 21 riguardano trivellazioni di petrolio (dati dal sito Ministero Sviluppo Economico). Tre di queste trivellazioni sono nel mare pugliese. Il referendum non riguarda le 43 strutture esistenti in Italia, che sono al di là dei 20 Km dalla nostra costa.

Fino a poco tempo fa, la legge stabiliva che dopo al massimo 45 anni, la concessione scadeva e la Compagnia non poteva più estrarre petrolio. Con la nuova norma invece, si è concesso alle Compagnie di continuare a trivellare anche dopo la scadenza della concessione, a tempo sostanzialmente indeterminato, sino all’ esaurimento del giacimento. Se vince il SI, quindi, entro i prossimi 2 /10 anni, queste concessioni scadranno e le attività estrattive dovranno cessare.

Premesso questo, provo a sintetizzare i motivi per votare si: 1) Chiudere al più presto possibile le estrazioni che sono troppo vicine alle nostre coste e quindi mettono a rischio la qualità dell’industria del turismo, che per noi è ben più rilevante economicamente di pochi pozzi petroliferi. 2) Impedire un regalo immeritato e ingiusto alle Compagnie petrolifere: qualsiasi impresa sa che quando gli scade una concessione, questa torna allo Stato che decide cosa fare e, al massimo, le rimette sul mercato chiedendo nuove verifiche di compatibilità ambientale e nuove gare (con nuovi soldi per lo Stato). 3) La vittoria del SI manderebbe un messaggio molto forte e chiaro (anche al di là dello specifico quesito referendario): vogliamo un modello di sviluppo energetico equilibrato. Non vogliamo trivellazioni a meno di 20 km dalle nostre splendide coste. 4) Indurre il Governo a scrivere un Piano Energetico Nazionale che tenga conto di alcune elementari esigenze come ad es. spingere sulle energie rinnovabili e impedire che si possa estrarre petrolio a pochi chilometri dalle coste italiane.

Chi è a favore delle trivelle pone essenzialmente due temi che in realtà sono soltanto mere suggestioni: 1) “Vi saranno tanti posti di lavoro a rischio”. L’eccezione non ha fondamento se si considera che vi sarà comunque una gradualità negli anni delle chiusure e ogni Compagnia, in ogni caso, quando si chiude un giacimento (ad esempio per semplice esaurimento) sposta la sua forza lavoro su altri giacimenti, di cui nel frattempo si è aggiudicata la concessione. Altrimenti non si spiega perché, negli anni passati i livelli occupazionali complessivi delle grandi Compagnie petrolifere sono andati aumentando o rimasti stabili anche nei periodi di crisi. 2) “Abbiamo bisogno di energia che, se non produciamo in casa, dovremo poi importare”. Dai dati del MISE si ricava che le trivelle entro le 12 miglia, nel 2015, hanno contribuito a soddisfare circa il 3,5% dei nostri consumi interni di gas e l’1% di quelli di petrolio. Percentuale irrisoria nel quantum, che diviene ancora più irrilevante, a livello economico, se si considera che le Compagnie non è che regalano all’Italia il gas e il petrolio che estraggono da noi!

Ultima considerazione, quella che più di tutte le altre quattro, spinge personalmente me a votare SI: per una volta che posso dare un piccolo contributo concreto ed un forte messaggio politico, a tutela della "casa comune" e a favore di un nuovo stile di sviluppo sostenibile, non rimango di certo a casa.

avv. Antonio Pinto   

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CASO BPV: 5 AZIONI PER RIDARE DIGNITÀ AL RISPARMIATORE

Venezia Mestre, 7 marzo 2016 – Sono mesi drammatici per i piccoli risparmiatori. All’indomani dell’assemblea dei 117 mila azionisti di Banca Popolare di Vicenza, la Federazione Confconsumatori – ACP e l’Associazione Serenissima concordano nel ritenere che siano state esclusivamente la cattiva gestione degli Amministratori e l’incapacità dei controllori Bankitalia e Consob a cagionare il danno ai 335.000 azionisti (VB e BPV); dunque incontra gli azionisti per indicare quattro azioni concrete che possono restituire dignità ai risparmiatori traditi.

  1. Lo sciopero dei piccoli risparmiatori – «Da oggi– ha dichiarato Mara Colla, Presidente di Confconsumatori – chiediamo a tutti i cittadini di iniziare uno sciopero dell’acquisto di nuovi prodotti finanziari: i piccoli risparmiatori non sono il parco buoi della finanza. Se la logica è mantenere l’attuale mercato finanziario, dove il piccolo risparmiatore perde sempre, allora è giunto il momento che le Associazioni dei consumatori chiedano con forza ai cittadini di smettere di comprare qualsiasi prodotto finanziario, sino a quando non sarà emanata legge che tuteli davvero il risparmio».
  2. Rinegoziazione del debito – Il Presidente Mara Colla ha formulato una proposta di risoluzione per evitare i contenziosi. «Le Banche BPV e VB devono rinegoziare il loro debito con gli azionisti ingannati: uno strumento possibile è che emettano e cedano gratuitamente agli azionisti ingannati, obbligazioni a 20 anni, pari all’importo della sorte capitale perduta, con interessi pari al tasso legale».
  3. Una legge di iniziativa popolare. L’Avvocato Luca Di Rocco, Segretario dell’Associazione Serenissima, ha comunicato l’intenzione delle associazioni di lanciare una campagna nazionale di raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che sancisca questi punti:
    1. PENE EFFICACI: Sanzioni penali e risarcitorie chiare, rapide ed effettive per i dirigenti e i “controllori” che contribuiscono a questi crack;
    2. SEMAFORO DEL RISCHIO: Stop ai prospetti informativi incomprensibili e infiniti: all’inizio del prospetto serve una distinzione chiara e semplice fra titoli rischiosi e titoli che lo sono meno (una scala da 1 a 10, oppure un semaforo con i tre colori);
    3. EDUCAZIONE FINANZIARIA: per guidare un’auto la formazione è obbligatoria, ma anche comprando prodotti finanziari ci si può “schiantare”. Frequentare corsi di educazione finanziaria dev’essere requisito obbligatorio per comprare titoli rischiosi.
    4. CONTROLLO DEL MEF: Il controllo di Banca d’Italia deve tornare interamente in mano al Ministero del Tesoro. Le Banche non possono essere gli azionisti di riferimento dell’organo di controllo più importante di tutto il sistema.
  4. Le cause civili – Per l’avvocato Antonio Pinto, legale di Confconsumatori, «Dagli stessi documenti forniti in assemblea dal nuovo management BPV, si comprende come sia possibile proporre una causa civile contro la banca che ha venduto le azioni. Occorre domandare l’invalidità dei contratti stipulati, per una serie di gravi violazioni di legge del Testo Unico Bancario e del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria, come ad es. false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c., ovvero per pratiche commerciali scorrette e abuso di posizione dominante. In secondo luogo, sarà possibile chiedere al Tribunale civilel’annullabilità del contratto per errore, indotto su elementi essenziali del contratto. Infatti, non essendo Banca Popolare di Vicenza quotata in Borsa, il prezzo di vendita delle azioni della Banca veniva annualmente fissato dal Consiglio di Amministrazione, sulla base di parametri che essi solo potevano conoscere. Chi ha comprato, lo ha fatto sulla base esclusiva dei dati di bilancio che venivano pubblicizzati. Oggi, dopo quello che è successo, appare che tali dati (ad es. quelli sulle sofferenze, sui valori degli avviamenti, ecc.) molto probabilmente non erano corretti e questo legittima una domanda di annullabilità per errore incolpevole di chi ha comprato azioni, facendo affidamento su ciò che gli veniva comunicato.
  5. Le cause penali – Confconsumatori ha inoltre chiarito che: «L’Associazione presenterà un esposto dettagliato sulle condotte, che si sono conosciute grazie alle varie denunce che stanno giungendo all’Associazione dai tanti risparmiatori. Consigliamo ai singoli azionisti di proporre un esposto penale per chiedere l’accertamento di eventuali reati e la conseguente punizione dei vari soggetti responsabili di tali eventi truffaldini (ad es. per truffa e per la falsificazione dei dati di bilancio). Se il processo penale dovesse prender corpo, ci si potrà costituire parte civile per chiedere il risarcimento dei danni agli imputati. Gli esposti di tanti azionisti che ritengano di esser stati vittime di condotte scorrette, sono importanti anche per rafforzare e dare ancora più peso all’azione di indagine dei Pubblici Ministeri di Vicenza, Udine e Prato».

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