Dal 14 giugno, entra in vigore la nuova direttiva europea, per cui il consumatore non potrà più semplicemente accettare al telefono le offerte commerciali ma sarà sempre e comunque necessaria la firma su un contratto.
Questo vale per tutte le offerte stipulate sul web, attraversi i portali delle aziende. Riguarda ogni genere di servizio venduto tramite linea telefonica o via internet e tocca quindi un gran numero di aziende nei settori più svariati: dalle forniture energetiche all’acquisto di biglietti aerei, alle tariffe per la connessione internet, fino alle tariffe telefoniche. La firma potrà essere fisica o elettronica; senza la firma il contratto di acquisto non sarà valido.
Questa novità, così importante per i consumatori, fa parte di un pacchetto di nuove regole che vogliono mettere freno ai molti soprusi che i consumatori hanno dovuto subire negli ultimi anni. Un pacchetto di misure da cui il consumatore uscirà rafforzato o almeno, secondo l’Antitrust, avrà il diritto, non sempre rispettato, di ricevere tutte le informazioni sul panorama totale dell’offerta in completa trasparenza e correttezza. All'Antitrust è affidato il potere di sanzionare con multe pesanti (si arriva nei casi più gravi sino a 5 milioni di euro) le pratiche commerciali scorrette.
Il venditore dovrà chiarire da subito il costo totale del prodotto, comprensivo di tutti gli extra; basta costi aggiuntivi a sorpresa quindi. Anche per le tariffe di luce e gas la stretta sui furbi si fa sempre più dura. In particolare però è sul ecommerce che si concentrano le maggiori novità e lo sforzo più forte dell’Antitrust: si tratta del canale di vendita più in crescita degli ultimi anni, che ancora tuttavia raccoglie una certa resistenza da parte del consumatore italiano.
Uno dei motivi è stato proprio lo sviluppo repentino che ha portato a una vera giungla in cui il consumatore era indifeso. Un recente studio di Netcomm ha sottolineato che gli ostacoli maggiori all’ecommerce sono principalmente legati al bisogno di toccare la merce (per il 40% degli intervistati), l’attaccamento al contante (31%), le remore verso il pagamento online (31%), e, infine, il timore di non ricevere il prodotto (27%) e la paura che il recesso sia complicato (26%).
Alcune delle misure dell’Antitrust vogliono proprio rendere più sicuri i consumatori su alcuni di questi punti: i beni comprati in rete, infatti, dovranno essere consegnati senza ritardi ingiustificati e comunque al massimo entro 30 giorni, oppure il consumatore potrà recedere dal contratto. Inoltre, per esercitare tale diritto di recesso sarà approntato un modulo standard universale. Contemporaneamente, si allunga (da 10 a 14 giorni) il tempo a disposizione per cambiare idea nelle vendite a distanza. Il cliente deve ricevere il rimborso di quanto pagato entro 14 giorni. Questa nuova normativa non si applica ai contratti a distanza se il prezzo del bene non supera i 200 euro.
Nessuna multa per chi prolunga la sosta sulle strisce blu oltre l’orario per il quale ha regolarmente pagato. Lo ha chiarito definitivamente il sottosegretario del Ministero dei Trasporti Umberto Del Basso De Caro rispondendo a un’interrogazione parlamentare: “il pagamento in misura insufficiente non costituisce “violazione di una norma di comportamento”, ma configura solo “inadempienza contrattuale” che implica il semplice saldo della tariffa non corrisposta.
Le associazioni dei consumatori chiedono di annullare le multe date negli ultimi 60 giorni, ossia quelle che l’automobilista può ancora far annullare con ricorso.
Occorre valutare se le multe già incassate e quelle per le quali è scaduto il termine per il ricorso (60 giorni) possono essere oggetto di un’azione per indebito arricchimento. Nella risposta all’interrogazione parlamentare di giovedi scorso, il sottosegretario ha precisato che per recuperare il saldo della tariffa non corrisposta, le amministrazioni locali possono affidare al gestore del servizio le azioni necessarie al recupero delle evasioni tariffarie e dei mancati pagamenti, ivi compresi il rimborso delle spese e le penali, da stabilire con apposito regolamento comunale. Tuttavia, se i Comuni stabilissero nei loro regolamenti di far rientrare dalla finestra, sotto forma di rimborso spese e penali, gli stessi importi previsti per le multe (ad es. i 25 euro) è evidente che sarebbero regolamenti illegittimi, impugnabili.
A fronte di questo chiarimento ministeriale, ora tutti i Comuni dovranno adeguarsi e in particolare, in caso di ticket scaduto, i vigili devono mettere sul cruscotto un avviso con bollettino postale, indicando un importo esattamente pari alla differenza tra il ticket pagato e quello da pagare. Solo se il consumatore non paga in tempo utile ed il Comune è costretto a notificare l’inadempienza, allora potranno essere addebitate le spese di notifica.
Confconsumatori e una quarantina di Comuni danneggiati restano nel processo a cinque ex amministratori della società di riscossione tributi «Gema» accusati a vario titolo di associazione per delinquere, falso, reati finanziari e soprattutto di un presunto peculato di 23 milioni di euro, soldi che la società poi fallita avrebbe indebitamente trattenuto tra il 2006 e il 2012, senza riversarli nelle casse di 45 enti locali per conto dei quali aveva incassato i tributi. L'ammissione di tutte le parti civili è stata decisa dopo una lunga camera di consiglio dai giudici della seconda sezione penale del Tribunale che hanno rigettato le richieste dei difensori, che chiedevano l'estromissione di una decina di enti locali per motivi formali nella formulazione di domanda di costituzione di parte civile, e della Confconsumatori per motivi sostanziali. Soddisfazione, dunque, per l'avvocato Pio Giorgio Di Leo , presidente provinciale di Confconsumatori Foggia: « La nostra associazione – ha commentato Di Leo – è portatrice di un interesse della collettività e come tale ha il dovere prima ancora che il diritto di costituirsi parte civile, come peraltro già riconosciuto dalla Cassazione, in un processo in cui la vittima è la collettività perchè furono i cittadini a versare alla Gema i tributi poi non riversati nelle casse degli enti locali ».
La campagna SlotMob in 4 mesi ha coinvolto 32 città, migliaia di persone, singoli e associazioni. Ogni giorno si espande su nuovi territori italiani ed invita i cittadini al “buon gioco contro le povertà e la dipendenza dal gioco d’azzardo”. Una valanga buona che non pare volersi fermare. Lo SlotMob è un vero strumento di cittadinanza attiva.
Dice Luigino Bruni, docente di Economia alla LUMSA e sostenitore dell’economia di comunione: “Il gioco d’azzardo è una delle malattie più gravi, di una gravità civile inaudita. E lo sdegno civile è impressionante”. “Ci sono sempre stati vizi e debolezze, lo scandalo di ora è che le multinazionali ci speculano sopra e li incentivano per fare miliardi. Non possiamo accettarlo”.
Una mattina, il professor Bruni ha iniziato lo “sciopero del caffè”, niente più consumazione nei bar che possedevano slot machine, e da qui è nato tutto. Così è nata la campagna SlotMob – dice Bruni - con tre logiche che ne costituiscono il genoma: premiare i gestori virtuosi, praticare insieme il ‘gioco buono’ (dal biliardino al risiko…) e organizzare un convegno che metta a punto ed elabori i contenuti. Tutto si fa in modo totalmente spontaneo, non ci sono barriere, chi vuole si mette in rete e partecipa. Non c’è una struttura centrale, ognuno si organizza come può e come vuole”.E non si tratta di moralismo, ma si tratta di imparare a votare con i nostri consumi!
Per Luigino Bruni “l’idea antropologica che c’è dietro è che il bene è più forte del male”. L’albero che cresce in mezzo alla foresta che cade bisogna farlo vedere”. Bruni prosegue: “Dai vizi nascono solo altri vizi, mai le virtù, i e soldi che nascono dai vizi sono soldi sbagliati, anche perché quasi sempre vengono dai poveri. Stiamo mettendo le persone fragili in mano alle multinazionali dell’azzardo”.
Peraltro, tale problema ha costi sociali enormi (si va drammaticamente ampliando la necessità di presa in carico di giocatori patologici da parte delle aziende sanitarie) e impoverimento progressivo: ricordando come quasi 90 miliardi di euro sono i soldi giocati dagli italiani nel 2012, il professor Bruni afferma: “Noi stiamo distraendo risorse, deviando soldi, buttandoli nei gratta e vinci, nelle slot e nelle video lotterie e questo ha un effetto di indotto impressionante, stiamo togliendoli alla ricchezza vera”. Confconsumatori Puglia aderisce!
avv. Antonio Pinto – Presidente Confconsumatori Puglia
Il 16 gennaio 2014, il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha firmato a Roma la Carta Spreco Zero, insieme ad Andrea Segrè, promotore dell’iniziativa, presidente di Last Minute Market.Il prossimo anno vedrà l’Italia impegnata nell’EXPO 2015, evento mondiale legato al tema dell’alimentazione, e sarà un’occasione per rafforzare anche in Puglia un modo intelligente di fare un percorso di riconversione dei nostri modelli di organizzazione sociale, di produzione, di distribuzione, di consumo.
La Carta Spreco Zero impegna la Regione Puglia, sin da subito, a compiere una serie di azioni concrete. Per evitare che tale Carta rimanga lettera morta, la Consulta regionale di tutte le Associazioni dei consumatori pugliesi ha deliberato all’unanimità e chiesto alla Regione, di svolgere le seguenti attività:
Rilevazioni statistiche aventi ad oggetto la individuazione e comprensione delle abitudini delle famiglie pugliesi, con riferimento all’uso dei cibi e le modalità della spesa e del riutilizzo, nonché un censimento per individuare tutte le iniziative – promosse da organizzazioni pubbliche e private in Puglia – che recuperano i prodotti rimasti invenduti e scartati lungo la filiera agroalimentare, per ridistribuirli gratuitamente alle categorie di cittadini al di sotto del reddito minimo.
Studio e proposta di apposite clausole da inserire nei bandi di gara regionali degli appalti pubblici per i servizi di ristorazione e ospitalità alberghiera, in modo da privilegiare in sede di aggiudicazione, a parità di altre condizioni, le imprese che garantiscano la redistribuzione, che promuovano la riduzione degli sprechi e diano preferenza ad alimenti prodotti il più possibile vicino al luogo di consumo.
Organizzazione all’interno delle scuole pugliesi di programmi e corsi di educazione alimentare, di economia ed ecologia domestica per rendere il consumatore consapevole degli sprechi di cibo, acqua ed energia e insegnare come rendere più sostenibile l’acquisto, la conservazione e lo smaltimento finale degli alimenti.
In un momento storico in cui i cittadini sono e saranno chiamati a versare Tares, Tasi, Iuc, Tari, Imu e balzelli vari, appare francamente intollerabile che gli Enti pubblici pugliesi non abbiano dato attuazione alla normativa che obbliga il monitoraggio dei servizi pubblici. Stiamo parlando, ad esempio, del trasporto locale, della raccolta rifiuti, delle mense scolastiche, e di tanti altri servizi importanti per i cittadini.
La Legge 244/2007 attribuisce agli enti locali l’obbligo di far eseguire alle Associazioni dei consumatori il controllo sulla qualità e la quantità dei servizi pubblici erogati, nonché sul rispetto dei diritti dei cittadini, fissati dal Codice del consumo e dalle carte dei servizi. Ad oggi la Regione Puglia e i Comuni non hanno dato attuazione a questa normativa, tutta a vantaggio dei cittadini.
La norma nazionale è chiara: gli Enti locali devono inserire nelle carte di qualità e nei contratti di servizio stipulati con i gestori dei servizi pubblici, l’obbligo che sia eseguito un controllo da parte delle Associazioni, addirittura senza costi per l’Ente, perché è l’azienda gestore del servizio che, fin dalla sua offerta in sede di gara, deve inserire fra i suoi obblighi e le sue spese anche tale dovere.
Inoltre, in Puglia vi è la Legge regionale 12/2006, che affida espressamente alla Consulta Regionale dei Consumatori (che riunisce tutte le associazioni pugliesi riconosciute), anche il compito di svolgere azioni finalizzate a migliorare la qualità dei servizi e garantire i diritti dei consumatori.
Il 21 febbraio scorso, vista la totale inerzia degli enti locali su questo tema, la Consulta ha deliberato, all’unanimità, un progetto che dia attuazione concreta a tale normativa e lo ha presentato alla Regione Puglia. Vedremo se e che cosa la Regione e i Comuni risponderanno rispetto a tale proposta e informeremo i cittadini pugliesi.
avv. Antonio Pinto
Presidente Confconsumatori e Vicepresidente Consulta Regionale Consumatori Utenti
Il Tribunale di Milano con la sentenza del 30 ottobre 2013 (pubblicata di recente) ha stabilito il seguente principio: “se «indeterminati», il tasso e l'ammortamento alla francese di un mutuo sono nulli e va quindi pagato soltanto il tasso legale con quote capitale costanti. La banca, invece, deve restituire gli interessi ricevuti «in più» rispetto a questo tasso”.
Una società, che aveva stipulato due mutui, ha citato in causa la banca sostenendo che le clausole di determinazione degli interessi e del piano di ammortamento alla francese fossero indeterminate - e quindi nulle - dando così luogo a un pagamento non dovuto di circa 207mila euro.
Il Tribunale di Milano, dopo aver fatto svolgere una Consulenza tecnica d'ufficio, ha dato ragione al cliente riconoscendogli il diritto di ottenere la restituzione della somma richiesta e il diritto di pagare, per il futuro, le rate al tasso legale tempo per tempo vigente (ad es. da gennaio 2014 pari all'1%).
Il Tribunale, sulla base della Ctu, ha rilevato che le clausole di determinazione del tasso (variabile) e del piano di ammortamento (a rata costante) erano tra loro incompatibili: infatti, in base a esse, si poteva costruire l'ammortamento con tre modalità differenti. La conseguenza giuridica è che le clausole di determinazione degli interessi e del piano di ammortamento sono nulle in quanto indeterminate e occorre quindi applicare come tasso sostitutivo quello legale (ai sensi dell'articolo 1284 del Codice civile) e non già quello di cui all'articolo 117 del Testo unico bancario, che si applica ad altri casi diversi (pattuizione inesistente del tasso, rinviante agli usi o a condizioni peggiori rispetto a quelle pubblicizzate).
Ancora un mese alla chiusura dei termini relativi alla cosiddetta “rottamazione” delle cartelle esattoriali di Equitalia. La sanatoria del debito è stata introdotta dal Governo Letta con la Legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, co. 618/624) e non prevede l’invio di alcuna informativa al contribuente che si trova così a pagare i debiti fiscali e tributari pregressi. Tocca, insomma, al cittadino informarsi, verificando la propria posizione e, nel caso, decidere, entro e non oltre la data del 31 marzo 2014, di effettuare il pagamento del debito in un’unica soluzione, evitando così di pagare non solo gli interessi di mora che nel frattempo sono maturati, ma anche gli interessi che scattano per la ritardata iscrizione a ruolo.
La misura è valida nello specifico per le cartelle che da parte degli agenti della riscossione sono state consegnate entro e non oltre la data del 31 ottobre 2013. Rientrano nella sanatoria, le tasse automobilistiche e le multe per violazioni al codice della strada. Sono, invece, esclusi i debiti previdenziali (ovvero i debiti pendenti presso INPS e INAIL), le somme da pagare che sono collegate ad una condanna emessa con sentenza dalla Corte dei Conti, e tutti quei tributi per cui la riscossione Equitalia non è stata incaricata.
Per saldare il debito senza interessi i pagamenti possono essere effettuati non solo presso gli uffici postali, ma anche presso gli sportelli di Equitalia. Effettuato il pagamento, l’Agente della Riscossione comunicherà, entro il 30 giugno 2014, l’avvenuta estinzione del debito. Per sapere se le cartelle eventualmente ricevute rientrano nella sanatoria è sufficiente recarsi negli uffici Equitalia esistenti nella propria città per verificare la propria situazione debitoria. Confconsumatori consiglia, comunque, ai cittadini di rivolgersi agli sportelli dell’associazione presenti sul territorio per avere informazioni e assistenza al fine di definire le pendenze derivanti dai ruoli affidati in riscossione ad Equitalia.
Il Tribunale Penale di Roma, con la sentenza n.105 del 2014 pubblicata pochi giorni fa, ha affermato il principio che non risponde per omesso versamento dell'Iva, l'imprenditore che non paga l'imposta perché ha pagato lo stipendio dei dipendenti. Secondo i Giudici, si tratta di un ipotesi di forza maggiore il cui accertamento compete al giudice che dovrà valutare con rigore gli strumenti adottati dal contribuente per reperire le risorse necessarie a consentire il corretto e tempestivo adempimento delle obbligazioni tributarie contemperando, ove possibile, la prosecuzione dell'attività di impresa laddove la crisi sia provvisoria.
Infatti all’Amministratore di una società era contestato il reato di cui all'articolo 10 ter del Dlgs 74/2000 per aver omesso il versamento Iva nei termini previsti. Durante il processo l'imprenditore ha provato che non aveva potuto pagare l’IVA perché quell'anno la società versava in grava crisi di liquidità, vantando crediti verso terzi per vari milioni di euro che non onoravano i propri debiti (anche pubbliche amministrazioni). L’imprenditore ha provato di aver anche richiesto a tre banche alcuni mutui, offrendo in garanzia i propri beni immobili personali, mentre, all’Agenzia delle Entrate aveva chiesto la rateizzazione del debito (non concessa).
Il Tribunale ha assolto l'imprenditore perché il delitto è stato commesso per causa di forza maggiore. In via preliminare, la sentenza evidenzia che la crisi economica non è di per sé idonea ad escludere l'elemento soggettivo del reato, ma può costituire la ragione per cui il contribuente si trovi costretto a porre in essere la condotta illecita, evidenziando così il nesso di causalità tra la condotta stessa e la realizzazione dell'evento.
Il Tribunale chiarisce che affinchè lo stato di crisi dell'impresa rappresenti una causa di forza maggiore servono due condizioni: una crisi economica dipesa da fattori esterni alla condotta dell'imprenditore e il tentativo di quest'ultimo di fronteggiare la crisi con tutti i rimedi possibili. Nel caso di specie, sono stati ritenuti sussistenti entrambi gli elementi: la temporanea crisi di liquidità era conseguente a crediti verso terzi per vari milioni – fatto non imputabile all'imprenditore – mentre i tentativi di risanamento potevano ravvisarsi nella richiesta alle banche di tre mutui e della rateizzazione del debito Iva alle Entrate.La pronuncia è analoga ad altra sentenza emessa il 16 febbraio dal Tribunale di Brindisi e si uniforma al più recente orientamento espresso anche dalla Suprema Corte di Cassazione.
Si chiama NIDI, Nuove Iniziative d’impresa della Regione Puglia, una nuova misura destinata alle start up, con la quale la Regione Puglia intende offrire un valido aiuto per l'avvio di una nuova impresa con un contributo a fondo perduto e un prestito rimborsabile.La dotazione della misura è di ben 54.000.000 euro. L’iniziativa viene attuata da Puglia Sviluppo S.p.a., società interamente partecipata dalla Regione Puglia.
Può presentare la domanda per ottenere l’agevolazione:
- chi vuole avviare una nuova impresa;
- coloro che hanno un'impresa costituita da meno di 6 mesi ed inattiva.
L’impresa dovrà essere partecipata per almeno la metà, sia del capitale sia del numero di soci, da soggetti appartenenti ad almeno una delle seguenti categorie:
- giovani con età tra 18 anni e 35 anni;
- donne di età superiore a 18 anni;
- disoccupati che non abbiano avuto rapporti di lavoro subordinato negli ultimi 3 mesi;
- persone in procinto di perdere un posto di lavoro
- lavoratori precari con partita IVA (meno di 30.000 € di fatturato e massimo 2 committenti)
Anche se rientrano nelle precedenti categorie, non sono considerati in possesso dei requisiti:
- i pensionati;
- i dipendenti con contratto a tempo indeterminato
- gli amministratori di imprese, anche se inattive, e i titolari di partita IVA
L’impresa dovrà avere una delle seguenti forme giuridiche: ditta individuale, società cooperativa con meno di 10 soci, Snc, Sas, associazione tra professionisti, Srl. Si deve prevedere di avviare l'impresa con meno di 10 addetti.
Con Nidi si può avviare una nuova impresa nei seguenti settori: attività manifatturiere, costruzioni ed edilizia, riparazione di autoveicoli e motocicli, affittacamere e bed & breakfast, ristorazione con cucina (sono escluse le attività di ristorazione senza cucina quali bar, pub, birrerie, pasticcerie, gelaterie, caffetterie, ristorazione mobile, ecc.), servizi di informazione e comunicazione, attività professionali, scientifiche e tecniche, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese, istruzione, sanità e assistenza sociale non residenziale, attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (sono escluse le attività delle lotterie, scommesse e case da gioco), attività di servizi per la persona.
L’agevolazione varia a seconda dell’investimento: se si prevede di avviare l'impresa con investimenti fino a € 50.000,00, l'agevolazione è pari al 100%, metà a fondo perduto e metà come prestito rimborsabile.
Se si prevede di avviare l'impresa con investimenti compresi tra € 50.000,00 ed € 100.000,00, l'agevolazione è pari al 90%, metà a fondo perduto e metà come prestito rimborsabile.
Se si prevede avviare l'impresa con investimenti compresi tra € 100.000,00 ed € 150.000,00, l'agevolazione è pari all'80%, metà a fondo perduto e metà come prestito rimborsabile.
L’iniziativa non finanzia nuove imprese che nascano dal rilevamento di una impresa esistente o dall’acquisto di un ramo di azienda;, ovvero che abbiano individuato una sede operativa coincidente o adiacente con la sede utilizzata da un’attività operante nello stesso settore, ovvero che abbiano un amministratore che sia titolare o amministratore di un’altra impresa operante nello stesso settore.L’unica eccezione riguarda il passaggio generazionale, che consente di richiedere le agevolazioni se sei parente o affine (entro il 2° grado in linea discendente) di un imprenditore ed hai intenzione di rilevare l’intera azienda esistente.
Con tale agevolazione si possono realizzare investimenti per la realizzazione di opere edili e assimilate (con alcune limitazioni), macchinari di produzione, impianti, attrezzature varie e automezzi di tipo commerciale, programmi informatici, nonché per sostenere le spese di esercizio ad es. per materie prime, materiali di consumo, per la locazione di immobili o di affitto impianti/apparecchiature di produzione, per le utenze (energia, acqua, riscaldamento, telefoniche e connettività).
NOTA A CURA DELL’AVV. LAURA MARIA PIA TOTA
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