Bari, 3 ottobre 2018 – Molti risparmiatori stanno assistendo, inesorabilmente, alla drastica riduzione del valore delle loro quote del Fondo Immobiliare chiuso denominato “Obelisco”. Si stimano perdite per l’80% del capitale investito, per questo Confconsumatori si è attivata per offrire da subito assistenza ai consumatori. In particolare, come illustrato di seguito, tramite i ricorsi all’ACF, l’associazione ha già ottenuto esiti transattivi positivi che hanno visto i risparmiatori recuperare tutta la loro perdita. «Si tratta dell’ennesima drammatica vicenda di “risparmio tradito” – afferma Mara Colla, Presidente di Confconsumatori – confidiamo che, prima di tutto, Poste Italiane S.p.A., che ha collocato le quote del Fondo Obelisco anche presso la propria clientela, garantisca, così come ha già correttamente fatto in passato, un adeguato ristoro per i sottoscrittori delle quote del Fondo Obelisco».
IL RISCHIO NASCOSTO - Il Fondo “Obelisco” è stato istituito nell’anno 2005 con delibera del Consiglio di Amministrazione dell’allora Investire Immobiliare SGR e nasce come fondo comune di investimento immobiliare “a raccolta”, alimentato mediante sottoscrizione delle quote in denaro, da utilizzare per acquistare un pacchetto immobiliare pre-identificato dalla SGR promotrice del Fondo. Pubblicizzato all'epoca come una soluzione d'investimento redditizia (rendimento obiettivo del 5,5 % l’anno), le quote del fondo sono state collocate, ad un prezzo nominale di € 2.500,00, presso il pubblico indistinto dei risparmiatori ed anche da Poste Italiane S.p.A. presso la propria clientela. Purtroppo troppo spesso l’investimento è stato illustrato come qualcosa di sicuro ed adatto anche a pensionati e soggetti che avevano investito sempre in buoni fruttiferi postali o libretti di risparmio. Invece è un investimento in un fondo chiuso, quindi illiquido e, come abbiamo visto, assolutamente incerto e rischiosissimo.
IL CROLLO DEL VALORE DELLE QUOTE - A pochi mesi dalla scadenza prorogata al 31 dicembre 2018, con nota del 30.7.2018, la InvestiRE SGR S.p.A., società di gestione del Fondo, ha comunicato i dati della relazione semestrale al 30.6.2018, chiusa con un valore complessivo del fondo (NAV) pari a € 3.276.176,00, corrispondente ad un valore unitario delle quote di € 47,619 cadauna. In sostanza, il NAV del fondo è crollato drasticamente, anche a causa della enorme differenza fra i prezzi di stima ed i prezzi reali di vendita del patrimonio immobiliare, vendita operata, in gran parte negli ultimi 18 mesi e a ridosso della scadenza, con sconti spesso superiori rispetto al 50% del prezzo di acquisto dei cespiti (il cui ricavato, peraltro, è stato utilizzato essenzialmente per rimborsare l’oneroso finanziamento assunto dalla SGR nell’anno 2006). Considerando l’investimento iniziale di € 2.500,00 per acquistare una quota del Fondo e la distribuzione, nel corso degli anni, di proventi e rimborsi parziali per una somma pari a €300,00 pro quota, è evidente che, a seguito della definitiva chiusura e liquidazione del fondo, i risparmiatori avranno perso – inevitabilmente – circa l’80 % del capitale investito.
COSA POSSONO FARE I QUOTISTI – Confconsumatori si è attivata per garantire tutela ai molti risparmiatori che hanno acquistato quote del Fondo immobiliare Obelisco. Secondo gli avvocati di Confconsumatori Antonio Pinto ed Antonio Amendola: per i quotisti del Fondo, è possibile agire dinanzi all’Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob:
Tra l’altro, nelle ultime settimane sono stati attivati alcuni ricorsi che hanno dato esiti transattivi positivi, atteso che hanno visto i risparmiatori recuperare tutta la loro perdita.
Per informazioni contattare: confconsumatoripuglia@yahoo.it
Tutti accolti i primi quattro ricorsi presentati dai legali di Confconsumatori e del Comitato degli azionisti: la banca dovrà risarcire i risparmiatori
Bari, 9 marzo 2018 – Sono stati tutti accolti i primi quattro ricorsi presentati all’Arbitro per le Controversie Finanziarie in Consob dai legali di Confconsumatori e del Comitato degli azionisti della Banca Popolare di Bari, avvocati Antonio Pinto ed Antonio Amendola. L’Acf ha dichiarato che nelle vicende prospettate vi erano state plurime violazioni – da parte della banca – della normativa in materia di prestazione dei servizi d’investimento.
Fra i vari punti delle motivazioni, appare importante l’affermazione (contenuta nella Decisione n.300 del 28.02.18), secondo cui la mera consegna o la dichiarazione del cliente di aver preso visione dei documenti, non si traduce in via automatica nell’adempimento da parte della banca degli obblighi informativi, previsti dagli artt. 31 e 32 del Regolamento Consob 2007.
Secondo l’Arbitro: “Per contro, gli obblighi informativi degli intermediari verso i propri clienti si inseriscono in un quadro normativo la cui pietra angolare risiede proprio nella capacità di “servire al meglio l’interesse” del cliente, adattando la prestazione erogata in ragione delle specifiche caratteristiche del contraente (esperienza, conoscenza, obiettivi di investimento, situazione patrimoniale)”.
Il Collegio arbitrale ha quindi condannato la Banca Popolare di Bari a risarcire gli azionisti del danno subito. Il danno è stato calcolato nella differenza fra la somma che gli azionisti avevano pagato per comprare le azioni (rivalutata dall’epoca dell’investimento ad oggi), ed il valore presumibile di smobilizzo dell’azione sul mercato secondario Hi-MTF (oggi, ad esempio, lo scambio dell’azione è ad euro 5,70). Il tutto oltre interessi legali.
La presidente di Confconsumatori, Mara Colla, ha ricordato come “Il lavoro congiunto svolto da sette associazioni del territorio, fra le quali vi è anche Confconsumatori, che si sono riunite in un Comitato unico per la tutela degli azionisti della banca, rappresenta un buon esempio di prassi efficace per tutelare al meglio le ragioni dei risparmiatori”.
Il prossimo passaggio atteso dai circa 70mila azionisti è quello della decisione della Corte Costituzionale, che dopo l’udienza del 20 marzo prossimo, dovrà decidere se la banca è obbligata o meno a trasformarsi in S.p.A. e, nell’ipotesi affermativa, se sussista il diritto degli azionisti a recedere dalla compagine societaria, chiedendo il rimborso del valore dei titoli azionari posseduti.
fonte:www.confconsumatori.it
Articolo di Repubblica dell' 8 dicembre 2017 del giornalista Antonello Cassano. L'avvocato Antonio Pinto, presidente di Confconsumatori puglia, ottiene la prima decisione contro la BPB
Un risarcimento da 30mila euro e un giudizio che potrebbe rappresentare un precedente. L'arbitro per le controversie finanziarie ha condannato la Banca Popolare di Bari a risarcire parzialmente una sua azionista per i danni subiti a causa dell'inadempimento della banca di alcuni obblighi nella vendita di azioni. L'azionista in questione è un'insegnante di lettere in pensione. Oggi ha un'età prossima ai 90 anni e tra il 2012 e il 2014 ha acquistato 14mila titoli per un valore complessivo di 111mila euro.
La donna aveva anche provato a vendere le azioni, ma senza riuscirci. Per questo, difesa dal legale Antonio Pinto, ha presentato un esposto all'Arbitro per le controversie finanziarie, chiedendo di dichiarare nullo il contratto di vendita di quelle azioni.
Oggi la Repubblica parla del filone pugliese di imprese che hanno chiesto prestiti a MPS e Veneto Banca senza restituirli, contribuendo al crack. Impossibile non condividere il commento dell'avvocato Antonio Pinto di Confconsumatori Puglia che sta difendendo tanti risparmiatori truffati: «Stride il contrasto con la difficoltà di accesso al credito per i consumatori e le pmi che per somme molto più basse, devono sottostare a rigorosissimi rating e fornire garanzie reali di importo superiore alle somme prestate dalla banca».
Con decisione n.112 del 16 novembre, l’ACF ha condannato Bancapulia a risarcire integralmente il valore delle azioni Veneto banca, vendute ad un risparmiatore pugliese, assistito da me e dal mio Collega Antonio Amendola. La sentenza è importante perché, nel condannare Bancapulia, afferma il principio che il Decreto Legge di giugno, che ha tenuto indenne Banca Intesa dalle cause intentate dagli azionisti, non si applica alle banche controllate da Intesa (come appunto Bancapulia) che sono fuori dal perimetro di protezione, concesso dalla legge solo alla banca acquirente.
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