22/01/2015 MALATI DI ALZHEIMER: LA RETTA GRAVA INTERAMENTE SUL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Per i parenti, figli e nipoti, di persone affette da Alzheimer, vi è la possibilità di chiedere il rimborso delle rette o di annullare l’obbligo dei parenti al pagamento. Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012, statuendo che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, oggi Regionale. Con l’effetto che il Comune o la Casa di Cura convenzionata non può rifarsi sul malato o, se questi è nel frattempo deceduto, sui suoi parenti.

In altre parole, per la S.C. nessuna rivalsa può essere posta in essere nei confronti di pazienti, o loro parenti, dal momento che nella patologia del morbo di Alzheimer non sono scindibili le attività socio assistenziali da quelle sanitarie. La cura dei pazienti, deve essere considerata di rilievo totalmente sanitario e, quindi totalmente a carico del Servizio Sanitario Regionale. Non possono distinguersi, come fanno RSA e Case di Cura convenzionate, spese mediche e quella di degenza, che a loro dire il paziente è tenuto a corrispondere.

Importantissima anche la decisione della S.C. relativamente alla “promessa di pagamento” sottoscritta dai parenti dell'assistito al momento del ricovero, ritenuta nulla perché contraria alla legge.

Se, come detto, nulla può essere richiesto al malato o ai suoi figli, lui o gli eredi possono chiedere la restituzione di quanto corrisposto negli ultimi dieci anni. Lo stesso dicasi anche per il caso in cui ai figli sia stato fatto sottoscrivere un impegno in proprio, impegno da ritenersi nullo.

E chi è il debitore? A chi, in altri termini, può essere chiesta la rifusione? Il Comune se il ricovero è o era presso una RSA comunale; la Casa di cura convenzionata, se la persona affetta da Alzheimer si trova o trovava in una di queste strutture Mai, comunque, il Servizio Sanitario Regionale, che è solo il soggetto tenuto al pagamento del ricovero e nei confronti del quale devono rivalersi il Comune o la casa di cura.

Venendo al da farsi. Si potrebbe soltanto smettere di pagare, se il paziente è ancora vivo. Meglio peraltro inviare una lettera alla RSA o alla Casa di cura, dicendo che nulla più verrà pagato e chiedendo la restituzione delle somme corrisposte negli ultimi dieci anni. Se il malato è deceduto va allora inviata una missiva alla RSA, al Comune o alla Casa di Cura con la richiesta di restituzione di quanto fino ad oggi versato.

Da segnalare, infine, che quando le RSA ricevono la lettera con la quale si comunica la sospensione dei pagamenti, minacciano le dimissioni del malato. Ciò non è consentito, anzi è vietato dalla legge perché verrebbe commesso il delitto di abbandono di persone minori o incapaci. Tant’è che vi ha provato una RSA di Monza e il suo amministratore è stato denunciato dai legali Confconsumatori e pende oggi il giudizio penale. Il malato, per contro, è ancora ricoverata e nessuno potrà cacciarla via.

Gli Sportelli di Confconsumatori sono a disposizione per questa battaglia di civiltà. Per maggiori informazioni scrivere a

 confconsumatoripuglia@yahoo.it

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