Massima trasparenza nei contratti di credito al consumo e, più in generale, di finanziamento personale. Se esiste una «segnalazione negativa» – cioè la previsione di rischio di inadempimento – inoltrata da chi ha erogato o mediato il credito, l'interessato ha diritto di accesso agli atti e ai dati che lo riguardano pieno e tempestivo.Lo ha stabilito la Prima sezione civile della Cassazione (sentenza 349 /13, depositata il 9 gennaio), richiamando all'ordine tutti i gestori privati di banche dati: questi soggetti hanno l'obbligo di mostrare – e a richiesta stampare e consegnare – il dossier relativo al presunto insolvente.La materia è particolarmente sensibile, considerato che un "rating" negativo crea ostacoli non secondari per l'accesso al credito reddito.
Nel caso portato davanti ai Giudici, il ricorrente, venuto a conoscenza, grazie a una società specializzata, di una «segnalazione negativa» a suo carico risalente ad alcuni anni prima, aveva chiesto l'accesso alla banca dati della società di finanziamento, inviando un fax dettagliato, ma senza alcun esito.
La Corte di Cassazione ha affermato il diritto del cittadino all'accesso tempestivo e senza ostacoli alla propria posizione "custodita" negli archivi informatici della società di finanziamento: dinanzi a una sollecitazione «rivolta senza formalità» dall'interessato, la risposta deve arrivare massimo entro 15 giorni (termine pari a quello previsto per l'interpello del Garante). Questo perché, ricorda la Corte, il cittadino è «unico e vero dominus dei dati che lo riguardano», sia nei confronti dell'intermediario che li ha raccolti sia nei confronti di terzi.
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