La Suprema Corte, con la sentenza 22803/2015 del 9 novembre, ha chiarito che è valida la delega conferita ad un funzionario e che può essere conferita con atto proprio o con ordine di servizio. Ciò che rileva però è il contenuto della delega. Affinché la delega si valida e possa concretamente identificare il soggetto autorizzato dal direttore regionale o provinciale a un determinato compito, in base anche alle previsioni del Codice civile, essa deve: a) avere forma scritta; specificare le esigenze di servizio che la motivano; b) indicare l’ambito di applicazione e i suoi limiti; c) riportare le generalità della persona delegata; circoscrivere la durata (che dovrebbe essere determinata).
L'avv. Dario Barnaba di Confconsumatori ricorda che le modalità di redazione dell’atto di delega sono state oggetto di una direttiva emanata a livello centrale nel 2010, nella quale si ricorda agli uffici l’esatto contenuto che tale atto deve contenere, non ammettendosi deleghe in bianco (cioè alla funzione, tantomeno non circoscritte nel tempo).
In genere invece, così come avvenuto nel caso oggetto della sentenza della Corte di Cassazione, gli uffici in giudizio allegano provvedimenti che si limitano a individuare i criteri per conferire la delega: viene così indicata la sola qualifica professionale del funzionario potenzialmente destinatario della delega, senza però alcuna precisazione del nome di chi effettivamente rivesta tale qualifica.
Ad esempio, in alcuni casi, emerge che il direttore provinciale ha genericamente affidato ai diversi capo ufficio (senza alcuna indicazione del nome) la firma degli atti, dividendoli per tipologia (persone fisiche, imprese, professionisti, eccetera) e/o per valore. Si tratta così di atti generici privi dei nominativi dei soggetti delegati dai quali non è possibile, né per il contribuente, tantomeno per il giudice, verificare se quel determinato dirigente o funzionario - che ha sottoscritto per delega l’atto impugnato - ne avesse effettivamente la potestà.
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